IN VINO INDUCTA VERITAS ovvero LA DISINFORMAZIONE PROGRAMMATA

 

Klaus von Lorenz

PREMESSA

La disinformazione è quella pratica che, con parvenza di vero, copre il falso e viene utilizzata specialmente da chi, in modo ambiguo, ha il compito di persuadere e trascinare le masse. Non per niente Göbbels, il propagandista di Hitler, affermava: “Nessuno vuole la guerra, il problema è, come convincere e trascinare la gente.” Al giorno d’oggi abbiamo, per tal procedimento, un emblematico esempio nell’ambiente dello sport nel quale, con massima fede, viene costantemente riecheggiata e propagata la frase di Juvenalis, mens sana in corpore sano. Il tutto, quale stendardo universale d’un etico atteggiamento.

Juvenalis non ha mai enunciato dette parole in tal modo e, avendole posizionate in maniera completamente diversa di come esse vengono diffuse, nella sua decima satira egli esprimeva esattamente l’opposto di quanto viene oggi divulgato. Ovvero, quanto è insensato quell’atleta che, per vanagloria, rincorre la via del successo. ( 1 )

Osserviamo la pianificata disinformazione in tutte le nazioni, in tutti gli ambienti e nelle più diverse situazioni indirizzate dalla persuasione collettiva. In Italia possiamo osservare come questo fenomeno viene indirizzato ad un rilevante prodotto commerciale per il quale detta nazione è la maggior produttrice al mondo: il vino.

Ed è proprio su questo prodotto che, a livello nazionale, viene svolta una delle più significative e rocambolesche ben pianificate disinformazioni con lo scopo di conferire, a detta bevanda, un inesistente, ben architettato alone di etnocentrica armonia alimentare. Disinformazione che si attorciglia avvalendosi di numerosi settori, sia della scienza che della tradizione ai quali si abbina, come complice principale, l’insegnamento nella scuola d’obbligo.

L’ESSERE UMANO

L’uomo, a differenza da altri esseri animati, è costituito e convive parallelamente su tre dimensioni: natura – cultura – lusso. Con la creazione dell’intelligenza connettiva egli istituisce la fase culturale mentre con la percezione del ruolo nella società egli costruisce l’identità alla quale si abbina l’innalzamento del lusso quale podio d’esibizione. ( 2 )

Quando l’essere umano, inventata l’intelligenza, pone un piede fuori dallo stato prettamente naturale, egli inizia a prendere consapevolmente in considerazione, non solo il presente, bensì a programmare anche il futuro. Così facendo egli inizia, a scopo preventivo, ad abbinare la raccolta di viveri ad un attinente stoccaggio. A quei tempi l’uomo aveva a disposizione spazi che, ai prodotti ivi stipati, non veniva garantita l’integrità e, pertanto, egli dovette adattarsi, obtorto collo, a consumare dette scorte anche dopo che queste avevano subito una modifica dovuta ad influenze batteriche.

Quelle trasformazioni servirono in parte ad imparare le diverse tecniche di conservazione. Pensiamo all’essicazione della frutta, alla fumigazione della carne, alla coagulazione del latte, alla fermentazione ed a quant’altro.

IL VINO

Immedesimiamoci nella descritta situazione. Si stiva, in fondo ad una grotta, una gran quantità di frutta. Questa, dopo mesi di stoccaggio, non rimane integra e, nonostante la sua alterazione, essa viene consumata dall’affamato uomo preistorico. L’assunzione di tal alimento però, dopo un breve periodo, produce nel consumatore uno stato di ebbrezza con esaltazione e irreali visioni. Classica forma di ottundimento da alcole dovuto alla fermentazione della frutta in questione.

Fenomeno che, a quei tempi, non veniva connesso alla fermentazione zuccherina da parte dei microorganismi presenti, ma veniva attribuito a influenze divine o, comunque, a intercessioni superiori. Man mano che questa situazione prendeva piede e le allucinazioni soprannaturali venivano ben accolte, si cercò sempre più di ripetere e migliorare tale contingenza. Ci si accorse che, specialmente ammucchiando frutta molto dolce, l’effetto delle visioni celesti veniva raggiunto in tempi più brevi e con quantità d’assunzione minori.

Col tempo ci si accorse d’una pianta che, serpeggiante al suolo, possedeva singole bacche molto dolci e succulente e, appresa una certa esperienza, l’uomo iniziò a specializzarsi alla fermentazione di tal prestante frutto. In tal modo, e migliorando le tecniche di spremitura e di produzione, nasce una bevanda alla quale, non comprendendo il connesso d’una fermentazione, viene applicato l’attributo di soprannaturale e sacro. Epiteto che, ancor oggi lo troviamo in analoghe situazioni presso quei popoli che, analogamente al su descritto procedimento, producono tali bevande. Pensiamo solamente a certi gruppi di indiani del Nord America che, una volta all’anno, producono e assumono, a scopo prettamente  religioso, una bevanda alcolica ricavata dai frutti di cactus del deserto.

Nasce, in tal modo, quel prodotto che noi oggi ricaviamo dal succo d’uva e denominiamo vino. Un processo evolutivo e di modifica non irrilevante se pensiamo solamente alla vite che, trattandosi inizialmente d’una pianta serpeggiante con qualche singola bacca, dopo innumerevoli incroci, si presenta quale fusto inerpicato e con densi  grappoli. Pertanto, il prodotto finale vino, non esistendo in natura, viene generato da combinazioni progettate e incanalate dall’uomo presentandosi esclusivamente quale prodotto artificiale.

L’esistenza dei microorganismi venne dimostrata, già 150 anni fa, proprio in base alla ricerca sulla fermentazione, sia del vino che della birra. Proprio queste ricerche effettuate sulla fermentazione rappresentano l’elemento base e il punto di partenza che, grazie alla microbiologia, hanno dato un mutamento radicale alla medicina guidandola fuori dalla teoria degli umori e dei miasmi per trasformarla in quel fenomeno scientifico che noi conosciamo.

LO SPIRITO

L’essere umano tende a connettere qualsiasi circostanza cercando spiegazioni per ogni fenomeno da lui osservato. Ed è in tal modo che egli, ai primi contatti con una bevanda alcolica, cerca di darsi una spiegazione a tal non materiale e non tangibile avvenimento. La sensazione di levità, la diversa percezione dell’ambiente e il diverso modo di pensare gli fanno attribuire queste mutazioni di sensi all’influenza proveniente da un essere supremo. Ed è in tal modo che, già all’esordio di tali esperienze, a queste bevande venne attribuita una presenza spirituale. Denominazione che, per abitudine, sopravvive tutt’oggi. Tale convinzione non fu di poco conto e, data la presenza della medicina dei quattro umori e dei miasmi, questa teoria venne inserita quale pilastro non indifferente nel relativo contesto dei farmaci e delle guarigioni.

Il sistema medico degli umori e dei miasmi nacque ca. 300 anni prima del nostro calendario e si espanse, con relative modifiche locali, in tutta Europa, nel Medio Oriente ed in tutto il bacino mediterraneo. Trattasi d’un modo di vedere il rapporto umano con la malattia che, in parte, non è ancora del tutto estinto. Basti osservare le credenze riguardo il non andare in acqua dopo mangiato,( 3 ) le denominazioni di raffreddore e di influenza, la sequenza di antipasto, primo e secondo, il formaggio quale sigillum stomachi, essere di buon umore, alzarsi con il piede sinistro, l’astrologia e quant’altro.Per quanto riguarda i temperamenti, questi li denominiamo ancora con bilioso, flemmatico, sanguinico, collerico, melanconico, ecc. Infine siamo ancora circondati da una catena di produzione e commercio erboristico che si basa esclusivamente su questi modelli del passato.

Stando a questa arcaica visione del corpo umano e del suo collegamento, sia con gli astri che con l’ultraterreno, anche i sentimenti venivano collocati nei relativi spazi corporei. Mentre per il sentimento affettivo si stabilì il cuore, per il coraggio il fegato e per l’ira la bile, l’anima trovò la sua sede nel sangue. Elemento che, per la sua ubiquità, è in grado di irradiare lo spirito in tutto il corpo. Trattasi d’una scelta di fondamentale importanza spirituale, religiosa e sociale che si presenta come nodale simbolo della relativa appartenenza religiosa. Lo troviamo in diverse odierne culture come il diniego alla trasfusione sanguigna da parte dei testimoni di Geova, oppure la macellazione halal dei musulmani e quella kosher degli ebrei. Nei casi dell’abbattimento animale il procedimento prevede il dissanguamento perché, in tal modo, si presume di salvare l’anima sottraendola alla morte. Ovvero, rendere, tramite questo procedimento, quello spirito contenuto nel sangue alla divinità dalla quale esso è scaturito. Per di più questo gesto raffigura un atteggiamento per chiedere perdono all’animale al quale viene imposto il sacrificio.

Ed anche nel cristianesimo abbiamo a che fare con detta simbolica forma di collocazione spirituale. Gesù, durante l’ultima cena, prese in mano il calice col vino e disse “Questo è il mio sangue“. In tal modo egli convalida che nelle sue vene non scorre sangue, bensì puro spirito, ovvero, quell’alito contenuto nel vino proveniente direttamente dal Creatore. Elemento che, in tal modo, conferma la sua diretta discendenza quale figlio divino del Padre Eterno.

A quei tempi regnava pienamente la visione umana e medica dei quattro umori e dei miasmi e, con la convinzione che nel vino sia presente lo spirito, il summenzionato messaggio veniva recepito senza indugio e compreso come su indicato. Non per niente, ancor oggi, troviamo nel simbolismo clericale la rappresentazione del grappolo che, abbinato alla spiga di grano, riconduce proprio a questo collegamento raffigurativo spirituale con Gesù e col vino.

LA MEDICINA ANTICA

Il vino, balsamo miracoloso che, con il suo spirito, è in grado di mantenere in vita eterna anche gli dei dell’Olimpo. Nell’antichità e, specialmente nel pensiero della medicina umorale, regnava incontrastato il concetto dello spirito che, assumendo vino, sarebbe entrato in modo salvifico nel corpo umano. Questo pensiero veniva supportato da una visione della vita e della morte che, adattata all’essere umano, veniva a concludersi sull’Olimpo e, in tal modo, confermava l’eternità degli dei.

Si distinguevano tre forme di morte, quella naturale, la accidentale e la morbosa. Accadimenti ai quali l’uomo, comunque, doveva andare incontro. Esistevano però delle bevande miracolose che, precluse al semplice mortale, fungevano da debellante verso uno dei menzionati modelli di decesso. Ne potevano usufruire i semidei, esseri concepiti da una divinità con una donna terrestre in una nube, per appunto nubile, i quali ricevevano uno specifico compito di intermediazione fra l’Olimpo e il popolo. Ed è in tal modo che Achille, avendo ricevuto un incarico di natura bellicosa, ebbe il privilegio di ricevere quella bevanda, e solamente quella, che lo avrebbe reso immortale verso un avvenimento accidentale. Trattasi del nektar, ovvero del nettare, che, nella sua locuzione, indica esattamente l’impedimento alla morte violenta. Infatti con neksos si allude alla morte violenta mentre con tar si accenna simbolicamente all’intrusione.

Ma esisteva anche un’altra bevanda che, sempre esclusivamente a disposizione d’un semidio, impediva, a fabbisogno, dalla morte naturale. Si tratta di ambra, o ambrosia, che nella sua locuzione accenna, in gergo stretto, d’essere la pozione anti morte, abbreviato a-mrt, ovvero ante mortem. I mortali avevano a disposizione solamente l’elixir quell’elemento che, tramite essiccamento del fisico, poneva il corpo in posizione secondaria onde permettere allo spirito di emergere in direzione mistico ascetica. Non per niente il concetto di elixir, che con xeron indica il secco, veniva sostenuto con la frase: sine sal et sol vita non est – senza sale e sole non c’é vita. Il sale veniva assunto per essiccare il corpo e il sole, astro che produce la vita, veniva venerato, come in tutte le religioni, quale suprema divinità.

Gli dei dell’Olimpo però, avevano accesso a tutte due le bevande che impedivano le accennate morti e, attingendo regolarmente, sia all’ambra che al nektar, essi in tal modo si garantivano una vita eterna.

Al comune mortale non rimaneva altro che fungere da spettatore a tali soprannaturali processi e combattere unicamente contro la morte morbosa. Volendo far rientrare anche nella medicina umana una parte di quella influenza divina, l’uomo innalzò diversi alimenti e diverse bevande alla posizione di medicinale con effetti spirituali. Il miele, con le sue uniche prerogative di caldo e secco riesce a spostare il corpo solamente dalla stato di freddo a quello di caldo. Il vino però, contenendo lo spirito, riesce a fare anche miracoli. Ed è per questo che, ancora cent’anni fa, nei lazzaretti venivano assegnate ai degenti abbondanti quantità di vino. Nei casi gravi e specialmente per le malattie ormai inguaribili si somministrava pro persona perfino cinque litri di vino al giorno.

L’importanza di tal prodotto curativo la possiamo intravedere seguendo il diffuso ed intenso assorbimento culturale mediterraneo sempre attuato da parte della repubblica veneta. Causa la sua espansione e la sua flessibilità adattativa si riscontrano nella parlata veneta innumerevoli lemmi arabi, greci, croati, tedeschi e quant’altri. Per la denominazione del vino, tutt’oggi e in tutto il Veneto, si usa il termine antico mediterraneo di ombra, lemma che rispecchia esattamente l’espressione di ambra. Ciò, anche se, erroneamente, la maggior parte delle persone addice tal voce al consumo di vino all’ombra del campanile di san Marco.

Non per niente abbiamo ereditato quelle spesso ripetute frasi, buon vino fa buon sangue e in vino veritas. Cercando delucidazioni per dette frasi, si riscontrano esclusivamente esposizioni inerenti citazioni celebri riguardo l’ebbrezza et simila. Trattasi di espressioni che, quotidianamente, vengono pronunciate con leggera superficialità ma, a ben vedere, portano con se la traccia e il carico di quei antichi riflessivi processi che intendevano porre in comunicazione la medicina, l’uomo e lo spirito.

 

FERMENTAZIONE E  MEDICINA MODERNA

Quando nel passato si procedeva alla produzione del pane, si poneva la pasta sul davanzale di modo che la stella mattutina, ovvero il sole nascente, conceda con i suoi raggi lo spirito accrescente all’impasto. Era questa una delle principali spiegazioni che si attribuiva alla lievitazione del pane. Tuttavia in seguito, effettuata la ricerca sulla fermentazione del vino, detta interpretazione venne completamente smantellata. Si venne a capire che le bollicine entro la pasta vengono provocate da un microorganismo che, nutrendosi dell’amido della farina, produce gas di anidride carbonica. Causa la sua azione accrescente, ovvero lievitante, questo microscopico fungo imperfecto venne denominato lievito mentre, a livello scientifico, venne definito col termine saccaromyces cerevisiae ovvero, il fungo della birra. Ciò, perché è stato per la prima volta ivi riscontrato.

Le ricerche sui microorganismi sono state incitate e sussidiate nel centro e nord Europa dall’industria del vino e della birra in base alle enormi perdite di prodotto dovute alle consistenti continue decomposizioni. Da parte dei produttori rivolgersi a quei ricercatori si trattava, in quella seconda metà del 19° secolo, quasi di un atto di disperazione. Ciò per il semplice motivo che la maggior parte dei scienziati e dei medici di allora non accettavano l’esistenza di microscopici organismi quali fautori, sia della fermentazione che di alcun altro fenomeno. Però, l’applicazione scientifica e la tenacia di personaggi come Koch, Pasteur, Delbrück, Gram, Escherich e quant’altri riuscì a dimostrare detta realtà. Essi dimostrarono che la fermentazione, sia del vino che della birra, avviene unicamente per azione diretta del lievito. Questo microscopico fungo, trovandosi in ambiente amidaceo e zuccherino, scinde dette sostanze in alcole e anidride carbonica. Trattasi di un microbo rappresentato da una miriade di ceppi differenti che, in base al loro metabolismo, producono trasformazioni fermentative con effetti di percezione organolettica molto diversa.

Le cosiddette spontanee o naturali lievitazioni del pane e le fermentazioni del vino avvengono per il semplice fatto che, manipolando le materie prime per detti prodotti, si intromette inconsapevolmente il lievito tramite il trattamento non sterile, sia manuale che meccanico. Il lievito infatti, è ubiquitario e, tramite l’impasto e la pigiatura, esso viene intromesso nella materia proprio attraverso la non igienica manipolazione. La pasta del pane, dopo aver ricevuto una non indifferente carica di batteri lattici durante l’impasto, viene lasciata all’aria aperta dove riceve ulteriore carica, sia di batteri che di lieviti. Lo stesso dicasi per il vino. Sulla buccia dell’uva si trova, ben visibile, quella bianca patina che consiste in una non indifferente concentrazione di microorganismi. Trattasi di batteri lattici, acetici e lieviti che, con la pigiatura, vengono intromessi direttamente nel mosto.

Nel processo della cosiddetta fermentazione spontanea vediamo dapprima agire il lievito che, dopo aver finito di produrre alcole, si sedimenta sul fondo. Questa mutata situazione di contenuto e di acidità offre ottimo elemento costitutivo ai rimanenti batteri che, rimasti latenti durante la fermentazione, ora si risvegliano. Inizia così l’acidificazione del vino con le sue molteplici faccettature. Fenomeno che, nell’ambito della produzione cosiddetta naturale, viene superstiziosamente attribuita al travaso nei periodi di plenilunio. Pertanto, detta vinificazione spontanea consiste nella pigiatura della materia abbinata alla inconsapevole e incontrollata introduzione, sia di lieviti che di batteri acidificanti. Immissione eseguita palesemente dall’autore della profana vinificazione.

Il comprovato sapere riguardo la fermentazione alcolica venne indirizzato inizialmente al relativo comparto industriale e, più tardi, al settore medico che procedeva ancora secondo le disposizioni della medicina dei miasmi e degli umori. Nel settore della medicina non venne accolta la dimostrazione, iniziata proprio dal lievito, riguardo il coinvolgimento microbico quale causa di malattie e, detta conoscenza, venne intensamente schernita. Basti ricordare la disgrazia del medico viennese Ignaz Semmelweiss che, seguendo l’igiene secondo Pasteur, abbassò sensibilmente la mortalità nel suo reparto ostetrico. Egli venne deriso e allontanato, sia dai colleghi che dalla direzione, finendo il suo strazio con il suicidio.

A tutt’oggi troviamo normale parlare di igiene, di batteri e di malattie, ma non ci rendiamo conto che tal sapere e tal svolta del settore medico è nato proprio nell’ambiente della fermentazione del vino. Il lievito è il primo microorganismo con il quale l’uomo ha aperto un dialogo e con il quale è possibile progettare e procedere con esito equilibrato. Ed è proprio tramite questa influenza che l’antica medicina dei miasmi e degli umori ha chiuso definitivamente la sua comparsa. E’ stato il settore del vino e della birra che ha posto la pietra miliare e lo scalino di partenza per una visione scientifica nel compartimento sanitario. Solamente accettando la microbiologia nata dalle fermentazioni alcoliche è stato possibile convincere ad abbandonare salassi, fumigazioni, clisteri, sanguisughe, acque miracolose, infusi e quant’altro, trasformando la medicina in quella scienza così come essa oggi si presenta.

DISINFORMAZIONE PIANIFICATA

Il ruolo del lievito nel vino è paragonabile a quello della mucca nel latte. Nella fermentazione enologica abbiamo l’uva quale materia prima, il lievito come soggetto trasformatore e il vino per prodotto finale. Nella produzione lattea abbiamo l’erba quale materia prima, la mucca come soggetto trasformatore e il latte per prodotto finale. Volendo ottenere un latte con sapori diversi si dovrà sostituire la mucca con una capra, con una pecora o, comunque, con un altro soggetto trasformatore della materia prima. Cambiando invece la materia prima, ovvero l’erba invece dell’animale, sarà impossibile percepire un’eventuale diversità del gusto del latte.

Però, nel più grande settore enologico al mondo, si afferma e si propaga la dottrina del terroir, ovvero della dipendenza del gusto derivante esclusivamente dal terreno e dalla materia prima. Asserzione che, seguendo il parallelismo con la produzione del latte, non sta per niente in piedi. Per evidenziare tal controsenso basta chiedere a dieci enologi di produrre, indipendentemente uno dall’altro, un vino con la stessa uva e nella medesima cantina enologica. Il risultato consisterà in dieci vini, uno diverso dall’altro. E ciò, nonostante l’utilizzo della stessa uva del medesimo terroir. La fermentazione infatti, risulta modificabile in base alla scelta di differenti parametri fondamentali: selezione del ceppo di lievito, modello di spremitura, conduzione della temperatura, gestione della pressione, pianificazione del tempo fermentativo, impostazione di fermentazione continua o discontinua, e quant’altro. Le combinazioni di questi parametri generano nel prodotto finale sapori che, nella percezione del gusto, si presentano molto diverse.

I caratteri del vino vengono decisi e predisposti dall’applicazione scientifica dell’enologia, dall’azienda produttrice, dal mercato e da parametri che, con il terreno dove cresce l’uva, hanno poco a che fare. Basti osservare come il prosecco, vitigno del piccolo paese Prosek di etnia slovena sul Carso triestino, da oggi a domani viene coltivato in tutto il Veneto. Il settore del vino ne è consapevole ma, per produrre illusione sentimentale nel potenziale cliente, detto compartimento ha imperniato la propria strategia divulgativa agendo psicologicamente sulla percezione d’un orgoglio d’appartenenza territoriale. Pertanto, per poter rimanere attivi e proficui, i gestori di detta propaganda non vedono di buon occhio una qualsiasi informazione o un insegnamento che possa distogliere il consumatore dall’escogitata favola.

Di conseguenza, dato che a livello nazionale l’industria enologica viene tenuta in talmente alta considerazione, si è riusciti ad imporre una sottaciuta forma di censura sull’informazione riguardo la fermentazione alcolica. Non per niente, sfogliando un qualsiasi testo che spiega la produzione enologica, si legge, di sfuggita e nelle prime pagine, riguardo la marginale presenza dei saccaromiceti. Poi, per tutto il testo, si parla solamente di viti, terroir, bottiglie, romantiche cantine, travasi e luna piena, bicchieri, tavole imbandite, e quant’altro. Della fermentazione, zero assoluto.

Andando ad osservare cosa ci propone la scuola, allora ci accorgiamo come lo stato collabori con la su accennata censura. Nelle scuole, spesso e volentieri si cerca di spiegare scientificamente tutti quei fenomeni che si osserva e si percepisce nella nostra quotidianità. Difatti, viene spiegato come avviene la combustione nel motore a scoppio, come agisce la legge dell’evaporazione di Linde nel frigorifero, in che modo l’aeroplano viene trattenuto in aria secondo la legge di Bernoulli, oppure come si svolge la fotosintesi e quant’altro. Nel comparto della biologia si insegna quella scoperta che, riguardo la procreazione umana, conferma la presenza dell’ovulo materno. Elemento identificato definitivamente appena nel 19° secolo.

Sempre nel 19° secolo, venne fatta la colossale scoperta del lievito nel vino ponendo la base alla microbiologia. Fenomeno che produsse l’esorbitante capovolgimento della medicina, lo sblocco della fermentazione alcolica ed il provvidenziale ripensamento del concetto biochimico. Una rivelazione d’un fenomeno che si presenta in una intensamente vissuta quotidianità, sia del pane che del vino che però, nelle scuole non viene, nemmeno minimamente, presa in considerazione. Il vino è un prodotto della quotidianità e, nelle famiglie, esso rappresenta un filo conduttore di intima azione domestica per il quale la sua natura e la sua produzione andrebbe spiegato. Il risultato lo si vede quando, volendo spiegare questo elemento ad una qualsiasi persona, questi reagisce con perplessità e diniego a tal informazione insinuando che egli, o suo nonno, non hanno mai messo lievito nel mosto. Fenomeno non riscontrabile in altri paesi. Ciò nonostante siano passati 150 anni dalla scoperta del lievito nel vino.

CONCLUSIONE – GRUPPO DOMINANTE – PSICHE DI MASSA

Il fenomeno del vino che, in parallelo al pane, ha permesso di scoprire le cellule del microorganismo lievito è solamente un emblematico esempio della programmata disinformazione da parte del gruppo dominante d’ogni stato. In Germania, per esempio, persiste la severissima legge di purità che regola la produzione della birra. Legge fatta risalire al 1516 con finalità completamente diverse che però dona lustro alla tipica bevanda denominata pane liquido. In realtà, essa è stata inventata da Hitler nel 1939 e, dato che il comune cittadino non se ne intende di produzione birraia, la farsa procede in analogia alla su accennata traviata conoscenza.

Ci sono quantità enormi di disinformazioni che sono subentrate tramite invenzioni fasulle, ipotesi antiche ed errate le quali, però, vengono salvaguardate quali fondamentali opinioni da affibbiare al pubblico.

Pensiamo alla dieta mediterranea che, per logica, non esiste e non può esistere. In realtà, una dieta è attribuibile solamente ad una singola specie come l’essere umano, il felino, il bovino ecc, ma non ad un area geografica. Sul Mediterraneo si affacciano ben 600 milioni di persone le quali si nutrono in base alle loro diverse materie prime e alle dissimili culture. L’Italia consuma ca. 15 % più carne della Germania e la Spagna, maggior fruitore di carne in Europa, è, in seguito all’Italia, il secondo associato all’alleanza della menzionata dieta. Abile maschera del mercato dell’olio e del vino.

Che dire dello iodio nell’aria marina. Questo elemento, essendo egli un cristallo, non può affatto presentarsi in sospensione nell’atmosfera e, se respirato sotto forma di vapore, è altamente tossico. Nell’ambiente marino si assimila lo iodio, così come tutti gli altri elementi, solamente attraverso l’ampliata assunzione di cibo proveniente dal mare.

Osserviamo la pianificata invenzione dello zucchero integrale che, essendo egli una pura molecola di saccarosio, C6H12O6, non può presentarsi come integrale. Una molecola è l’ultima fase di purezza d’un elemento al quale è stato tolto una qualsiasi differente sostanza che gli possa attribuire la denominazione di integrale. Lo zucchero si può ricavare da un qualsiasi frutto o tubero e, come tale, egli rimane sempre quel medesimo e indistinguibile saccarosio. Analogamente, a nessuno verrebbe in mente di denominare integrale l’ossigeno che viene fornito nelle relative bombole.

Un ulteriore pianificato controsenso lo scorgiamo nell’affermazione delle acque minerali oligominerali. Oligo, proveniente dal greco, significa poco e, pertanto, da un lato si dichiara di fornire minerali e dall’altro si ritira, in modo ben camuffato, detta affermazione.

Osserviamo quotidianamente come jogger vestono abbigliamenti gommosi generanti sudore che, stando alla propaganda, aiuterebbero al dimagrimento. La legge della termodinamica dimostra esattamente il contrario. Si consuma maggior calorie al contatto con il freddo e, inoltre, detto vestiario, proprio per la errata gestione della temperatura corporea, risulta presentarsi altamente pericoloso per il sistema cardiovascolare.

Riguardo i cosiddetti integratori non è riscontrabile alcun richiamo che cerchi di deviare da tal errata e pericolosa tendenza. Questi prodotti sono imprudenti aggiuntori che obbligano gli organi interni del corpo umano ad eliminarli. Il corpo umano possiede il proprio metabolismo che, con una normalissima e bilanciata alimentazione, assume e concede già il massimo del possibile.

E’ normale sentire ed accettare la convinta affermazione: quest’alimento fa bene a… E’ notorio che l’alimento non può fare bene, egli è solamente quell’elemento costitutivo che, come il mattone per la casa o la benzina per l’automobile, si colloca, tramite il metabolismo, al posto stabilito o viene espulso. La menzionata asserzione deriva dalla medicina dei quattro umori la quale, non conoscendo medicine reali, vedeva in ogni alimento un sistema curativo per lo squilibrio umorale.

Trattasi di disinformazioni che, limitate sul campo quotidiano a livello commerciale, al normale cittadino non concedono la percezione d’un imminente rischio. Il vero pericolo consiste nel fatto che il popolo, così in-formato, viene sempre più indirizzato ad un contegno passivo che porta a non verificare le manovrate informazioni provenienti da chi, in modo subliminale, le induce.

Ottimo substrato per secondi obiettivi a servizio del gruppo dominante: in vino…inducta veritas

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